Ringrazio anticipatamente chiunque vorrà arricchire queste pagine con un commento.
Chiedo solo a ciascuno il buon senso di evitare espressioni che possano risulate offensive per qualsiasi altro visitatore.

sabato 3 novembre 2012

PUZZLE


La donna entra nella casa. In silenzio. 
Da quanto tempo non ci torna?
L'ultima volta c'erano i suoi genitori ad accoglierla, e con lei i bambini a fare festa.
Ora è sola.
Si avvicina ad una finestra e la spalanca decisa.
La luce del mattino inonda la stanza attraversando malinconica l'aria ferma e pesante di polvere.
Lei volge lo sguardo tutt’intorno: la vecchia credenza coi centrini all’uncinetto oltre i vetri smerigliati, il pesante tavolo in legno con la cerata a quadrettoni scolorita dal cif, il televisore spento, i braccioli logori della poltrona, i cerchi scuri della stufa che ancora odorano di caligine.
Tutto ha un sapore famigliare, ma è come se appartenesse a un’altra vita, a quella che ha lasciato diversi anni prima, per seguire la sua strada.
Ne è più fiera, o è più il rimpianto di quello che ha lasciato a stringerle la gola?
Un po’ tutte e due le cose, forse.
Apre lentamente la portina di un armadietto, poi lo richiude senza toccare niente. Fa lo stesso con un cassetto, con l’antina del sottoscala: un frullatore col bicchiere in vetro, un tostapane dalle manopole bruciacchiate, un macinacaffè tenuto insieme con lo scotch.
Passa dalla cucina alla stanza da letto: nell’armadio un abito passato di moda in perfetto ordine sotto la copertura di cellophane, tre grembiuloni di tela a fiori sbiaditi, i pantaloni di velluto con le coste consumate sulle ginocchia.
La donna respira a fondo muovendosi lentamente, è come se il tempo stesso, tra quei ricordi, scorresse ad una velocità diversa dal consueto.
Da dietro lo sportello di un comodino scivolano fuori un mucchio di carte: vecchie bollette insieme con pieghevoli pubblicitari e cartoline illustrate.
C’è tanta roba inutile. Che mette tristezza.
Roba ammucchiata lì per vizio, o per una sorta di paura nel disfarsene.
Roba alla quale nessuno ha mai detto addio, che adesso rimane lì, triste, orfana dei suoi padroni da un giorno all'atro, così come lei, da un giorno all'altro è rimasta orfana dei suoi genitori.
Chiude la porta della stanza con un tonfo netto, uscendo, poi entra in quella che una volta è stata la sua. Il letto è fatto, con le lenzuola stirate.
Alza gli occhi: appeso alla parete, incorniciato come un quadro, c'è un puzzle. 
Glielo avevano regalato quando era bambina, ma non era adatto alla sua età: l'immagine, un mazzo di fiori di campo, è un tripudio di colori senza mai un contorno ben preciso. Per quanto si fosse sforzata non era riuscita a terminarlo se non diversi anni più tardi, quando ormai alcune tessere erano andate perdute.
Aveva sempre rimproverato suo padre che aveva voluto incorniciarlo così, col vuoto di quelle quattro tessere mancanti.
Eppure è bellissimo.
Ci sono momenti nella vita che per un motivo o per l'altro rinunci a vivere, occasioni che non cogli e che non si ripresenteranno. Persone che hai perso o dalle quali ti sei allontanato che ti mancheranno per sempre, anche quando qualcuno prenderà il loro posto.
Perché nessuno può prendere il posto di qualcuno in questa vita: ognuno ha il suo di posto.
La vita è come un puzzle: ti può capitare di perdere qualche tessera e tu non ci puoi fare niente, non sarà mai più perfetto.
Solo bisogna sperare che alla fine di tutto l'immagine che si riesce a vedere non sia poi tanto male.

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