L’erba profuma ancora della pioggia del giorno prima sotto un sole tanto limpido quanto inatteso.
Sulla pista gli aerei sono schierati dietro le transenne: eleganti,
miti nell’immobilità silenziosa eppure così fieri e pronti a
manifestarsi in tutta la loro potenza.
Nel prato un bambino corre dietro ad un pallone blu e rosso, in quel momento per lui non esiste altro: gli basta calciarlo per essere in nazionale e alza le braccia al cielo ad evocare il gol della vittoria.
Un vecchio racconta di quando anche lui volava. Ha le mani che tremano e
gli occhi velati, ma oggi, dentro di sé, è come se niente fosse
cambiato: potrebbe benissimo essere ancora lassù a governare due ali
spiegate.
Una donna segue con la sguardo un uomo, un viso tra la
folla, pur sapendo che lui non si volterà a guardarla, mentre qualcuno è
così indaffarato da non rendersi neppure conto del mattino che avanza,
del sole che scalda.
Poi l’attesa si esaurisce, gli aerei sfilano
lentamente, uno dopo l’altro, ad omaggiare il loro pubblico e finalmente
si levano nel frastuono che cresce, come i battiti del cuore, e rapido
si allontana rapendo gli sguardi di tutti, trascinando con sé ogni cosa:
i ricordi di un vecchio, i pensieri di una donna, i sogni di un bambino
che rimane così… immobile, col naso all’insù e il suo pallone sotto il
braccio.
Le evoluzioni sembrano infinite, l’entusiasmo
instancabile, e nell’impegno di quello che è, in realtà, un’eccellenza
mondiale del nostro paese, nel disegno di quelle formazioni perfette, di
quelle spirali, di quelle volute dalla precisione insostenibile, tutto
appare leggero come le scie di colore tra le nuvole e quasi… semplice!
Più semplice che vivere, invecchiare, amare… Semplice come sognare.
Adesso gli aerei sono di nuovo a terra, e i loro piloti sono in mezzo
alla gente che si accalca sulle transenne per contendersi una foto… un
autografo.
Il bambino è sulle spalle di suo padre col suo pallone
tra le mani. Uno di quei ragazzi, uno dei suoi ‘eroi’, allunga il
braccio fino a lui e con il pennarello traccia la sua firma sulla palla.
Il bambino, felice, torna sul prato, alcuni amichetti gli corrono
incontro per giocare ma lui scappa via; si ferma lontano da tutti,
guarda in alto, cerca l’azzurro tra le nuvole, poi calcia il suo pallone
rosso e blu più forte che può, più alto che può, verso il cielo:
“VOLA!”
Un grazie sentito ai ‘ragazzi’ che oggi ci hanno fatto ‘volare’.
Nessun commento:
Posta un commento