Il pennello
scorre sulla carta umida, leggero leggero, come la nebbia che bagna gli alpeggi
di primo mattino, in quelle giornate di settembre che poi si aprono splendide,
e spaziano limpide da lassù fino al mare.
E' quasi
difficile crederlo, ma ad essere lassù, proprio lungo il profilo di quei monti
che svettano alti in un cielo troppo azzurro per sembrare vero, in una mattina
come questa si può vedere il mare. E' lontano, molto lontano, ma l'aria tersa
te lo porta vicino, tanto che se allunghi un braccio ti pare di poterlo
toccare. E' lì, sotto i tuoi occhi col suo blu appena diverso che ti riscalda
seppure l'aria, già così pungente, sferzi immutata le tue guance.
Il tratto
dei monti aspri e fieri è sfregiato ad est da distese rocciose, scure e
misteriose, nell'ombra che piano piano si ritira e sveglia, poco più in basso,
il verde dei boschi, sempre più intenso, sempre più brillante.
Da una
baita, una chiazza grigia al centro di una radura erbosa che nella luce del
mattino appena si distingue, esce un uomo in camicia e si sciacqua la faccia
nell'acqua gelida di un abbeveratoio, mentre un cane dal pelo folto ed
arruffato si stiracchia indolente sulla soglia. L'uomo si guarda attorno
inspirando a fondo: tra poco la stagione sarà finita e potrà tornare a valle.
Non sa neppure lui se la cosa gli faccia piacere o se, come ogni anno, quei
pascoli finiranno col mancargli, ma non importa, è una bellissima giornata e
lui quasi sorride.
Il viottolo,
tracciato con un pennello dalla punta molto fine, si ispessisce leggermente a
mano a mano che i capricci di creste e tornanti lo accompagnano a valle. Una
donna lascia il sentiero per addentrarsi sotto i castagni umidi e profumati.
Avanza lentamente, piano piano, un passo dietro l'altro. Scosta con un bastone
un mucchio di foglie qua, una felce là, stando bene attenta a dove mette i
piedi. I funghi ci sono, ci sono di sicuro: l'aria è piena della loro
fragranza. Ne troverà un bel po' , la donna ne è certa: ne troverà un bel po'
perché lei conosce il posto. Lo conosce sì, da tanti anni, anche se non lo
rivelerà mai a nessuno, neppure alla figlia, ormai madre lei stessa, che si
lascia sfuggire un sorriso quando la sua vecchia esce col bastone e dice: 'vado
a prendermi due funghi' così, semplicemente, come se li comprasse al mercato.
Il paese è
vicino, ormai. Sulla collinetta quel che resta di un'intrepida fortezza trama
nell'aria umida di rugiada e, poco più in basso, i tetti rossi e violacei delle
case si stringono l'un l'altro abbracciati come fratelli, sulla sponda del
fiume che corre via veloce, allegro e chiassoso.
L'acqua
danza tra i sassi e canta cristallina come il cinguettio insistente ed infinito
che popola i rami di un salice chino nella sua lenta danza.
Un uomo
cammina sul greto sabbioso del fiume lungo un'ansa poco lontana dalla riva. Non
è un pescatore. Indossa abiti raffinati e sulla strada ha lasciato l'auto con
lo sportello ancora spalancato pronta a ripartire: a portarlo esattamente dove
ha bisogno di arrivare entro i tempi previsti, veloce ed efficiente come ogni
cosa nella sua vita. Eppure l'uomo ancora indugia, con gli occhi fissi sul
riverbero del sole che, filtrando tra i rami, ricama d'oro la superficie
dell'acqua. Chissà se i suoi clienti, se le persone importanti alle quali quel
giorno stringerà la mano, se le belle ragazze di cui è solito circondarsi, lo
immagineranno mai così: prostrato davanti alla bellezza di un luogo come
quello, una bellezza che si impara ad amare da ragazzi, correndo ogni giorno
lungo quelle rive, quando ancora non ci sono grandi mete da rincorrere, una
bellezza che non si smette più di amare, mai più nella vita...
Una
pennellata di colore abbozza la sagoma di un treno che sferragliando entra in
stazione. Poco più lontano, all'ombra degli alberi che si susseguono pigri nel
viale, un vecchio cammina piano mentre un bimbo trotterella al suo fianco
calciando pigne. Il vecchio lo guarda intenerito: a casa ha un baule pieno di
giochi eppure calcia pigne proprio come faceva lui, da bambino, quando quello
era l'unico divertimento che poteva permettersi. Forse dovrebbe dirglielo...
Forse dovrebbe raccontare al figlio di suo figlio di quando anche lui calciava
pigne, di quando andava a scuola con gli zoccoli intagliati nel legno, oppure
di quando, ancora molto giovane, lasciava il paese per andare a Sanremo ad
imparare un mestiere lavorando nel forno. Non sembra neppure essere passato
tanto tempo: il ricordo è ancora così vivo, come se fosse successo ieri... E'
così, deve per forza essere successo ieri... O sono davvero passati tanti
anni... Decine di anni... Decine di anni e una guerra! No! La guerra no! Alla
guerra proprio non vuole pensare, non all'odore della polvere, del fuoco, della
paura... La fragranza del pane, ecco quella sì la ricorda bene: il
profumo delle pagnotte ben cotte e quel velo di farina che copriva ogni cosa...
E l'uva passa, da preparare fischiettando così che il padrone fosse sicuro che
i garzoni la mettessero nel paniere e non in bocca.
Il
susseguirsi delle auto sulla pennellata scura dell'asfalto lo disturba: lo
porta lontano dai suo pensieri. Strano come il bambino, al contrario non sembri
farci caso. Il vecchio allunga una mano nodosa ad afferrare quella del nipote
prima di attraversare la via. "Ricordo" dice a voce alta
guardandolo negli occhi " ricordo quando mia mamma si raccomandava: 'fai
attenzione alle biciclette.'"
Hai veramente dipinto un quadro, pieno di suggestioni, di dolce calma e di fresche note di "Marin". Grazie per avercelo regalato.
RispondiEliminaGrazie a te Max, sono onorata di aver toccato la sensibilità di uno 'scrittore di quel luoghi' come sei tu.
RispondiEliminae'...davvero molto molto bello....
RispondiEliminaGrazie infinite: sono contenta di vedere che qualcuno scorra ancora queste pagine benchè io, presa da un altro progetto che mi assorbe totalemente, non abbia da tempo aggiunto nuovi racconti... Grazie.
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