L'edificio candido che si specchia nelle acque verdastre del Sile ha un che di attuale ed eterno come lo spirito che anima la cultura nei secoli... o almeno così dovrebbe essere.
Sul portone di legno sovrastato da un arco semplice ed elegante c'è scritto: 'Fondazione Cassamarca - Università di Padova.'
Una donna si guarda attorno cercando di mascherare il vago disagio che la invade: la maggior parte dei candidati ha sì e no l'età di sua figlia: che cosa ci fa lei lì?
Ogni volta la stessa domanda le attraversa la mente, un po' confusa, nell'ansia fisiologica che serpeggia tra i banchi in attesa che il professore consegni il testo della prova, poi legge le domande, comincia a scrivere e tutto il resto non conta più.
A quindici o sedici anni, almeno qui da noi, studiare lo dai per scontato, come divertirsi o stare con gli amici.
A lei piaceva. Le piaceva imparare cose nuove, esporle, farsi nuove domande per prepararsi ad un avvenire che era là davanti: l'università da frequentare... il sogno di una professione da realizzare.
Chi non ha sogni da realizzare a 15 anni!
Solo sogni... o forse una parte di te che chiede di esprimersi.
Ma la vita a volte ha progetti diversi dai tuoi, così può succedere che a 19 anni ti metta di fronte a qualcosa di più grande di te e tu ci provi... semplicemente ci provi... accetti quello che viene anche rinunciano ai tuoi sogni. Magari lo fai perché ti è stato insegnato a prenderti le tue responsabilità, magari è un ruolo che ti è stato imposto tuo malgrado, forse è semplicemente che non hai molta scelta: vai avanti ogni giorno facendo quello che c'è da fare sapendo benissimo che non c'è nessuno che lo farà per te.
E' stato così anche per quella donna: un giorno i suoi sogni hanno lasciato il posto allo stipendio da guadagnare, alle bollette da pagare, alla casa da sistemare, a qualcuno a cui voleva bene che aveva bisogno di lei. Un modo come un'altro di crescere anche senza l'università.
Poi, un giorno si è ritrovata coi figli grandi, la carriera del marito al culmine e lei è rimasta lì, a guardarei cocci di un matrimonio che le era sfuggito dalle mani ed era andato in frantumi. Mortificata.
A quel punto non ha potuto fare a meno di chiedersi quando aveva cominciato a perdere di vista se stessa, quando, esattamente, aveva cominciato a dare più di quello che aveva, ma soprattutto si era chiesta quando avrebbe cominciato ad avere qualcosa indietro, quando sarebbe venuto per lei il momento di riscuotere e da chi.
Già, da chi... Non da una famiglia che non c'era più da tanto di quel tempo che neppure si ricordava di quando era stata una buona figlia, non da un marito che la dava per scontata come se fosse un accessorio della propria vita, né dai figli che dovevano fare la loro vita com'è giusto che sia.
E allora, si era chiesta? Possibile che tutto quello che aveva dato fosse andato perduto?
La verità è che la vita non è una banca dove tutto quello che ci metti dentro un giorno ti verrà restituito con gli interessi. La verità è che in questa vita raramente qualcuno ha quello che si merita, in bene o in male e quella donna sa benissimo che l'unica che può ancora una volta tirarsi su le maniche fosse anche solo per ricostruire un sogno, quella è lei. E' lei che ha un debito con se stessa e l'unico modo che ha di difendere la sua dignità e pagarlo. Magari prendendo il coraggio a quattro mani e iscrivendosi all'università, studiando dopo otto, nove ore di lavoro e sedendosi in mezzo a ragazzi che hanno la metà dei suoi anni ad ogni esame.
Ecco cosa ci fa oggi lì quella donna, insegue un sogno che ha perso di vista a diciannove anni, sostiene un ruolo che le calza a pennello perché è espressione di una parte di se, paga un debito che ha con se stessa.
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